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Anzolin, il gatto con le ali che parava anche la luna

È morto nella notte, all'età di 79 anni, Roberto Anzolin, portiere della Juventus tra il 1961 e il 1970. Lo rende noto il club bianconero, che sul proprio sito web ricorda Anzolin come "portiere guizzante, di affidabilità assoluta". In bianconero giocò nove stagioni, durante le quali collezionò 310 presenze e vinse uno scudetto e una Coppa Italia. "In questo giorno di lutto la Juventus ricorda commossa il grande Roberto - si legge sul sito del club - e si stringe al dolore della sua famiglia, cui vanno le più sentite condoglianze da parte della società e di tutti i tifosi". Walter Veltroni, premiato questa mattina a Torino dalla Figc con il Premio Nazionale Letteratura del Calcio 'Antonio Ghirelli', ha dedicato ad Anzolin il riconoscimento, giunto quest'anno alla sesta edizione.


Da /www.ilbianconero.com vorrei citare questo bell'articolo che descrive Anzolin anche per chi per motivi anagrafici non poteva conoscerlo .

Qualche volta riusciamo a prenderci in giro giocando con l’illusione di essere eterni. Ci sono giorni e lune che ti senti e ti vedi ragazzino alla faccia del vecchio scafandro da sopravvissuto settantenne nel quale sei rinchiuso. Scherzi con la memoria e snoccioli i ricordi come i grani di un rosario laico. I tuoi amici, i tuoi amori, i tuoi miti. Ciascuno con il volto di quelli che erano. Di quello che eri. Non moriremo mai, noi! Pazza idea, ma che bella.

Poi, con il vento, arrivano segnali di imbarazzante crudeltà. Notizie che, appuntite come un coltello, incidono la scorza di quella presunzione di eternità e che penetrando dentro fanno male. Una persona, immaginata inattaccabile dallo scorrere ineluttabile delle cose, se ne è andata. Si stacca, con lei, un altro pezzo importante del passato. Anche del tuo passato. Resti più povero a pensare che sei davvero niente. E ti ritrovi, nudo, ricoperto soltanto di foglie gialle e bagnate dallo struggimento e dalla malinconia. Solitari e randagi dopo essere stati eroi.

L’ultimo ci ha lasciati in un giorno di ottobre riscaldato da un sole d’estate. Si chiamava Roberto Anzolin ed era un gatto. Un gatto con le ali. Quelle che gli permettevano di volare per parare anche la luna. Il “piccolo angelo” per la fantasia e per la penna di Vladimiro Caminiti che lo aveva parafrasato così su ispirazione del dialetto vicentino. Il “mio secondo padre mancato” per Walter Veltroni la cui passione quasi morbosa per il portiere della Juventus lo aveva portato al punto di chiedere a sua madre di fidanzarsi e di sposare Anzolin dopo che lei era rimasta vedova. Ma lui, il gatto con le ali, aveva già la sua Gabriella la quale a Palermo dove era arrivato per giocare lo aveva conquistato con una pastasciutta alle melanzane. Per il sottocritto l’inizio di una indimenticabile canzone d’autore: Anzolin, Gori, Leoncini….Si iniziava così la melodia di una marcia trionfale culminata nello scudetto della Juventus edizione Sessantasette. L’unico tricolore vinto dal portiere veneto. Uno tra i più belli perché più sofferti sino all’ultimo minuto per la firma di Heriberto Herrera.


Ricordo che, da giovane tifoso, entrai in campo a fine gara per far festa agitando la mia bandiera. Tutti i giocatori a centrocampo ingoiati dalla folla felice. Meno uno. Seduto accanto al palo della porta, un uomo in pantaloncini e a dorso nudo impegnato a fumare con voluttà una sigaretta. Era Roberto Anzolin. Il gatto con le ali, dopo aver fatto per l’ennesima volta il suo dovere, preferiva evitare le esagerazioni della baraonda popolare. Identico sempre e in tutto al suo originale di persona disposta a volare per professione ma decisa a star bene con i piedi per terra dando il giusto valore ad ogni cosa. E forse proprio quel suo essere schivo e niente ruffiano gli vietarono, se non una sola volta, di vestire la maglia della nazionale che pure avrebbe strameritato.

Minuto ma scattante e quasi “gommoso”, come il gatto che era in lui, era amato da tutti i compagni. Addirittura protetto dal gigante John Charles il quale, ogni mattina nel tratto che i giocatori dovevano percorrere per raggiungere il campo Combi dallo spogliatoio del Comunale, se lo infilava sotto il braccio come una baghette parigina e con lui che si agitava in verticale arrivava sul luogo dell’allenamento. Lo vidi proprio così per la prima volta, messo di traverso sotto il braccio di Charles. Ma chi è quello lì? Chiesi. E’ Roberto Anzolin, rispose una voce, il nostro portiere. Il nostro amico. Per sempre.


Da Wikipedia Roberto Anzolin

Attivo nel ruolo di portiere tra la metà degli anni 1950 e la fine degli anni 1970, esordì nella natìa Valdagno tra le file del Marzotto Valdagno (1956-1959), per passare poi al Palermo in cui giocò per un biennio; la società rosanero lo acquistò per 40 milioni di lire, facendo un'offerta di 5 milioni superiore a quella del Milan.

Prima di giocare l'ultima partita del campionato di Serie B 1960-1961 gli venne comunicata la cessione alla Juventus, cosa che non doveva sapersi prima della fine della stagione: dai piemontesi, i siciliani ottennero in cambio Tarcisio Burgnich, i prestiti di Carlo Mattrel e Rune Börjesson, più un conguaglio di 100 milioni. A Torino divenne uno dei punti fermi dei bianconeri per tutti gli anni 1960, perdendo la titolarità solo nella nona e ultima stagione in favore del più giovane Roberto Tancredi, e vincendo la Coppa Italia 1964-1965 e lo scudetto della stagione 1966-1967.

Chiusa la lunga esperienza juventina, giocò per una stagione con l'Atalanta, in Serie B, contribuendo alla promozione in Serie A anche grazie all'imbattibilità durata per 792 minuti. Passò quindi al L.R. Vicenza come secondo portiere, per chiudere la carriera da professionista sulla soglia dei quarant'anni giocando in Serie C con Monza, Riccione e Juniorcasale.

Dopo aver smesso di giocare, il Valdagno — il cui presidente era all'epoca suo cognato — lo volle in sostituzione del portiere malato, giocando 26 partite nel campionato veneto di Promozione 1984-1985, e subendo solo 4 reti all'età di 46 anni.

Nazionale

Roberto Anzolin con la maglia della Nazionale italiana

Dopo 4 presenze in Under-21 e altrettante in nazionale B,[ difese anche la porta della nazionale maggiore nell'amichevole contro il Messico del 29 giugno 1966, subentrando a Enrico Albertosi nel secondo tempo. Pochi giorni dopo, fu tra i convocati per il campionato del mondo 1966 in Inghilterra.


Allenatore

Come allenatore guidò il Pro Gorizia, da cui fu esonerato con la squadra in testa al campionato 1981-1982, a +6 sulla seconda. In seguito allenò per sette stagioni le giovanili del Chiampo, la squadra di un paese vicino Valdagno.

Successivamente ha allenato la formazione Pulcini del Valdagno; nella stagione 1996-1997 ha brevemente allenato la prima squadra valdagnese, in Serie C2, non riuscendo a evitare l'ultimo posto finale.

Sempre a Valdagno ha poi aperto una scuola calcio.

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